Psicologia dello sport: perfezionismo e ottimalismo

perfezionismo e ottimalismo: con che lente guardi il mondo?

Quest’estate ho letto un libro veramente illuminante sul perfezionismo: “The Pursuit of Perfect” di Tal Ben-Shahar, professore di uno dei corsi più famosi di Harvard e punto di riferimento della psicologia del benessere a livello internazionale. Purtroppo il libro non è ancora stato tradotto, ma lo stile semplice e colloquiale mi hanno reso semplice la lettura. L’ho trovato veramente centrato rispetto al mondo del bodybuilding e dello sport in generale, dove spesso il perfezionismo può diventare un problema. Il punto cruciale nella psicologia dello sport è trovare una distinzione, la linea di separazione, tra ciò che è perfezionismo e ciò che non lo è, cioè l’ottimalismo. Il perfezionista si distingue perché commette i seguenti errori:

rifiuta il fallimento:  il fallimento non è contemplato nella sua vita e quindi cerca di evitarlo in tutti i modi: questo mi ha immediatamente fatto pensare a certe situazioni che si vedono spesso in palestra. Avete presente quel fenomeno per cui ” lo squat non mi piace, le spalle le alleno con la panca, gli addominali obliqui non sono importanti, ecc”. Cosa hanno tutte queste frasi comune? E cosa c’entrano con il rifiuto del fallimento? Beh, le persone che le continuano a pronunciare hanno paura di fallire: sono forti sulla panca e non vogliono farsi vedere deboli, magari nel faticare con un peso modesto sulla military press oppure gli piace lo stacco e ci sono sempre riusciti bene quindi non vogliono mostrarsi deboli nello squat. È evidente come questo tipo di comportamento sia dannoso, limitando il nostro fallimento limitiamo anche il nostro miglioramento. Non avere paura di sbagliare o di essere scarso in un esercizio: alla lunga impegnarsi nelle cose che riescono peggio è il modo migliore per diventare un atleta migliore.

Rifiuta le emozioni negative, e io aggiungerei le sensazioni negative. Tutti vorremmo essere al massimo tutti giorni, tutti vorremmo superare di qualche chilo il nostro record e confermare il risultato in tutte le sessioni di allenamento successive, ma non può essere sempre così. L’accettazione è alla base di una mente sana, e questo dovrebbe valere ancora di più nello sport. Non combattere i su e giù emozionali e fisici, ma accettali e scegli di allenarti nel modo più ottimale e intelligente tenendo presente l’energia attualmente disponibile.

Rifiuta il successo, e io collegherei il tema degli obiettivi realistici. Spesso in palestra ci si pone degli obiettivi irrealistici, specialmente in relazione al tempo e allo sforzo necessari per raggiungerli. Questo porta al rifiuto del successo, poiché quando iniziano ad arrivare i primi successi vengono considerati troppo piccoli e troppo poco importanti per essere festeggiati e riconosciuti. Questo ovviamente va a discapito del benessere psicologico e della motivazione ad allenarsi. Per questo importante porsi degli obiettivi realistici e godersi a fondo ogni più piccolo successo sulla strada verso la nostra giustamente ambiziosa meta finale, ma che deve rimanere una meta finale e non l’unico momento in cui gioia e successo sono accettabili.

Evidentemente questi principi non valgono solo a livello della psicologia dello sport, né tantomeno solo in riferimento al bodybuilding. Comunque la palestra riflette spesso il nostro modo di essere anche al di fuori di essa può quindi essere un’interessante punto di partenza per il proprio miglioramento.

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Crediti immagine: Isaac Torrontera @Flickr
con licenza CC BY-NC-SA 2.0

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